A PROPOSITO DI IBRIDAZIONE DEL CANE: RIFLESSIONI.

“Questa foto, tratta dal lavoro “Living a dog life: a putative gray wolf in a feral dog group” di Popova & Zlatanova (Mammalia 2020; vol. 84, pp. 115-120), mostra un gruppo sociale costituito primariamente da cani “inselvatichiti” e comprendente anche un lupo, osservato in Bulgaria; è plausibile che il lupo sia in realtà un ibrido ma non mi sorprenderei se anche i cani portassero dei geni di lupo.
Scene come questa suscitano spesso un grande disappunto in molti studiosi di ecologia applicata alla conservazione, i quali vedono nell’ibridazione con il cane una potenziale minaccia per la conservazione del lupo. Devo dire che io invece, di fronte a scene come questa, non riesco a trattenere l’entusiasmo, in parte perché adoro questa tipologia di cani (avendoli conosciuti), in parte perché mi permetto di essere scettico circa la gravità della problematica dell’ibridazione lupo-cane e, in parte, perché sono molto più interessato alla ricerca di base che a quella applicativa. In particolare, credo che i cani randagi e inselvatichiti, così come gli ibridi e ancor più i gruppi sociali misti offrano un modello dal valore inestimabile allo scopo di studiare l’influenza della domesticazione sul comportamento del cane.
Un altro punto di vista che difficilmente viene considerato e che penso dovrebbe essere oggetto di riflessioni e discussioni è quello del benessere di questi animali; considerando che spesso la prospettiva di gestione è quella di rimuovere i cani senza padrone dalle aree naturali e di imporre il controllo pressoché totale sui loro movimenti, ci si dovrebbe chiedere se cani così adattabili e flessibili da sopravvivere in natura e da formare gruppi sociali con dei lupi (ben diversi dagli assemblaggi artificiali costituiti dagli esseri umani in cattività) possano soddisfare le proprie esigenze vivendo per gran parte della loro vita confinati e legati; io ritengo che non sia così.”

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